giovedì 2 maggio 2013

Più Europa!!

Seguire gli sviluppi politico-economici in questi giorni è molto interessante per gli spunti che entrambi i fronti presentano. Da una parte il Governo italiano preso da una quasi inspiegabile (se non in termini elettorali) spinta a porre fine a politiche di austerità (Monti, dove sei?), un profluvio d’incentivi alla spesa privata per rianimare la domanda interna; dall'altra il bollettino della Banca d'Italia che ci illustra in dettaglio la situazione del nostro paese, la BCE che taglia nuovamente i tassi d'interesse e l'accoppiata Merkel-OCSE che sembra schiaffeggiare il neo premier, Letta (quello del “più Europa”).

Andiamo con ordine.

La proposta politica in discussione è di un aggiustamento di alcune imposte e il necessario taglio ad altre sovvenzioni per spingere, almeno in modesta quantità, una qual si voglia ripresa della spesa privata (togliendo di meno il Governo punta a far dirigere i risparmi verso la spesa, stimolando la domanda).
Le cifre sono in parte note, la sospensione della rata di giugno dell'IMU comporterebbe un ammanco nelle casse dello stato di circa 4 miliardi di euro, che potrebbero diventare 8 se si cedesse alle richieste del PDL di restituire anche l'imposta sulla casa già pagata nel 2012.
8 miliardi di euro corrispondono a circa mezzo punto di Pil, il deficit con il debito pubblico, stando alle previsioni OCSE, salirà al 3,3% del Pil nel 2013 e al 3,8% nel 2014 quindi fuori dai parametri che lo vogliono non superiore al 3% (pena la procedura d’infrazione, quella dalla quale stiamo per uscire e che, a detta del governo, ci concederebbe il respiro per attuare gli sgravi). E’ evidente che lo spazio per manovre rilevanti non c’è; inoltre se si approvasse la restituzione dell’IMU già pagata lo scorso anno, uscirebbe dalle misure finanziabili l’aumento di un punto percentuale dell’IVA (1,9 miliardi), la cassa integrazione lavoro GIC in deroga (1 miliardo) e altre misure importanti (proroga precari P.A., credito d’imposta per assunzioni, rifinanziamento bonus energia e ristrutturazione, fondo PMI anti credit crunch) e discutibili (missioni militari) per un totale di 9,7 miliardi. Questo nel caso si scegliesse l’ipotesi “minima”, nel caso invece di un approccio quasi keynesiano (con rispetto parlando) il salto dell’ammanco salirebbe a 12 miliardi di euro perché sposterebbe IVA, CIG, missioni militari e bonus energia nelle misure finanziabili lasciando comunque fuori le proroghe precari della P.A., il credito d’imposta assunzioni e il fondo PMI; considerato che questa seconda opzione costerebbe in termini di Pil uno 0,8% è facile prevedere che anche questa misura non sarà facilmente attuata.
Le richieste del premier italiano nei suoi incontri europei è quella di una maggiore elasticità, di un’apertura dell’Europa nei confronti dell’Italia per agevolare queste manovre.

Alcune considerazioni.

Da un lato si richiede maggiore elasticità a un organismo che ha fatto (e continuerà a fare) del rigore il proprio mantra, cercando di tessere una trama di dialogo e discussione di alcuni paletti improrogabili, come la Germania ha tenuto a rimarcare (rigore e crescita).
Dall’altra si rischiano il sacrificio di provvedimenti urgenti in materia di lavoro e contenimento della pressione fiscale in nome di una promessa politica di un partito che rappresenta circa un terzo di coloro che si sono recati alle urne (non degli italiani). Inoltre i Comuni sono già sul piede di guerra giacché all’incirca metà del provento dell’imposta sugli immobili andrebbe a loro.
E allora? Più Europa!!

Staremo a vedere.

Notizia di oggi, la BCE taglia il tasso d’interesse (0,5%).
Di nuovo. E perché?
Per sostenere la ripresa. In che modo?

Attraverso il finanziamento ai privati (imprese incluse).
Ok.
Vediamo cosa ci dice la Banca d’Italia nel suo report (aprile 2013).

La premessa è che il margine operativo lordo medio delle aziende italiane è diminuito e insieme è sceso anche l’autofinanziamento (di conseguenza). La Banca d’Italia ci dice anche che “le condizioni finanziarie e di liquidità delle imprese sono peggiorate”. Sono aumentare le società con ritardi nei pagamenti commerciali (7,1% oltre due mesi rispetto alle scadenze concordate rispetto al 6,0% del 2012); naturalmente si sommano vari problemi, non ultimo il credito vantato nei confronti della Pubblica Amministrazione (a proposito, e lo sblocco dei crediti a che punto è ?).
Nel 2012 hanno cessato di esistere 53.000 società (+ 4.000 rispetto al 2011):


Interessante capire come e se i soldi arrivano alle imprese, la manovra della BCE è rivolta a questo, giusto? “I principali fattori di rischio per il settore delle imprese sono rappresentati dal protrarsi della fase ciclica negativa e dalle difficoltà di accesso al credito, fenomeni che tendono a rafforzarsi a vicenda.”

Il concetto è chiaro: no credito = no sopravvivenza.
Il credit crunch rischia di spazzare via migliaia di attività che non possono sopravvivere senza credito (o senza i pagamenti dello stato); ecco il grafico che ci interessa, mostra i prestiti bancari alle imprese:


“Il credito al settore privato non finanziario ha continuato a contrarsi, come risultato soprattutto del calo dei prestiti alle imprese. Vi hanno influito la riduzione della domanda, connessa con lo sfavorevole quadro congiunturale, e l’incertezza sulle prospettive di ripresa.” prosegue Bankitalia.


in questo grafico possiamo vedere l’andamento del credito al settore privato non finanziario in Italia.
Le curve, com’è evidente, vanno notevolmente al ribasso da due anni a questa parte.

Ma quanto costa il denaro al cliente finale? Se la banca “acquista denaro” allo 0,5% (ipotetico) a quanto lo “rivende”?:


ma perché, anche a fronte di un guadagno in termini percentuali di questo tipo, le banche non concedono credito? Perché la banca è cattiva? 

No, perché il suo fardello di sofferenze bancarie (l’incapacità di restituire un prestito già concesso) è troppo elevato e di conseguenza lo è anche il rischio connesso. A febbraio di quest’anno la percentuale è aumentata dell’1,1% passando da 17,5% a 18,6%; il dato complessivo delle sofferenze del sistema bancario italiano è vicino all’8%. Sempre a febbraio si è registrata una flessione dello 0,7% su base annua in riferimento ai finanziamenti. Per contro il tasso di interesse sui finanziamento erogati sui mutui è cresciuto dal 3,92% di gennaio al 3,94% di febbraio. 

Si potrebbe discutere su talune operazioni bancarie poco ortodosse ma apriremmo un altro capitolo. 

Da questa brevissima analisi si capisce come lo stimolo di una riduzione del tasso d’interesse non porti ad un miglioramento del canale creditizio e una conseguente riapertura delle linee di prestito, ancora una volta Draghi e la BCE rispondono correttamente alla domanda sbagliata. 

Andrea Visconti

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