mercoledì 24 aprile 2013

Enrico Letta, il nuovo premier italiano

27 aprile 2000:
Per prestare giuramento al Quirinale il neo ministro dell' Industria e del Commercio estero Enrico Letta  ha scelto una cravatta speciale: blu con il simbolo dell' euro, la moneta unica europea. «Bravo - gli ha detto il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi subito dopo il giuramento - sempre fedele all' Euro...».

10 maggio 2003:
Letta ha sottolineato che l' Italia ha bisogno di più Europa, perché l' Europa «ci ha aiutato a fare quello che da soli non avremmo fatto» (indovinato ndr).

20 settembre 2002:
Credo che l' euro sia la principale realizzazione avvenuta in Europa dal dopoguerra. Si è riusciti in una costruzione che ha messo insieme tradizioni secolari, giungendo a eliminare le singole monete europee in un processo non ineluttabile, come invece fu, per esempio, quello che provocò il crollo dei regimi comunisti dell' Est europeo. Le monete europee, in fondo, avrebbero potuto continuare tranquillamente a esistere: questo rende importantissimo il significato della nascita della nuova valuta. La scelta dell' euro ridà all' Europa la potenziale ambizione di tornare centrale nello scenario internazionale. In un periodo nel quale ci si interroga su quali saranno gli sviluppi successivi alle prime fasi dei fenomeni di globalizzazione che da qualche anno stiamo vivendo, il continente è messo in condizione di giocare una partita nuova e non marginale. Non è secondario considerare, nell' analisi, che tutto ciò è avvenuto grazie a una decisione frutto di metodi e scelte tipiche del mondo e della Comunità Europa di prima della caduta del Muro di Berlino. Eppure questa decisione si è rivelata straordinariamente attuale per il mondo attraversato dalle attuali fasi della globalizzazione. Potremmo dire che l' Europa ha guadagnato dieci anni.






Possiamo sperare!

lunedì 22 aprile 2013

Io non so parlar di euro


Apprendo che nelle colonne di alcuni quotidiani (come il Sole24 ore) legittimamente si discute da molte settimane quali possono essere le vie d'uscita dalla crisi (ad esempio con le famose riforme strutturali) dibattendo sullo sblocco delle risorse per estinguere i debiti verso le piccole e medie imprese, sul mercato del lavoro, sulle politiche di austerità e sulla necessità di avere in Italia un esecutivo che possa legiferare in questo senso.

Tutte le osservazioni che ho letto sono corrette ma la soluzione proposta è sbagliata.

Nessun organo di informazione, tranne rare eccezioni rappresentate da editoriali provenienti dall'estero e tradotti, pone l'attenzione sulla moneta unica e il cambio fisso; aprire un tavolo di discussione su questo argomento è praticamente impossibile, discutere di questo fattore determinante è al di fuori delle concezioni degli editorialisti di casa nostra.

Sono convinto che le organizzazioni che controllano la moneta unica così come gli stati che vi partecipano abbiano un piano di riserva, una via d'uscita nel caso in cui la situazione dovesse diventare così grave da essere irreversibile; infatti negli altri paesi di questo se ne parla e sopratutto nella "Germania egemone" il tema è dibattuto ed è arrivato a sfociare in un partito anti-euro che si presenterà alle prossime elezioni.

In Italia la situazione è leggermente più complicata.

L'On. Letta, indicato da molti come possibile Premier del Governo che verrà nominato a breve dal nuovo/vecchio Presidente Napolitano, si è molto speso in difesa dell'euro e della moneta unica, oltre che nei confronti di discutibili manovre che hanno contributo all'esplosione del nostro debito pubblico (divorzio Tesoro Banca d'Italia) salvo poi menar la viola con la necessità di abbatterlo con manovre di austerità che continuano a far danni. Si prospetta quindi per il nostro paese una nuova stagione all'insegna del "rigore", delle "riforme", del "contenimento della spesa pubblica" ma anche del "togliamo l'IMU", "è una tassa iniqua" etc.

Come potranno convivere nello stesso Governo quelli che hanno alzato le tasse con quelli che le ritengono ingiuste? Cosa ci si può aspettare dal Parlamento in materia di crescita?

Nulla, ne sono sicuro. E sono sicuro che fino a quando "ce lo chiede l'Europa" l'Italia continuerà a cedere sovranità e non avrà alcun strumento per favorire aumento di domanda e possibile crescita. 

Pensate banalmente a questa equazione: lo Stato spende, investe, si auto-finanzia, di conseguenza non ha bisogno del gettito IMU, il cittadino si trova in tasca del denaro, lo spende e rimette in moto la produzione; banale vero? Semplicistico? Può darsi, ma quali altre vie possono essere percorse in questo momento?

Un banale esempio, naturalmente, che non potrà essere messo in pratica perché lo Stato non dispone della condizione basilare: l'auto-finanziamento.

Fino a quando rimarremo incastrati in questo "Regime monetario" (con la R maiuscola) non ci saranno ancore di salvezza e si potranno fare tutti i governi possibili ai quali verrà chiesto di proseguire sulla strada del rigore che tanto bene ha fatto all'Italia (e agli altri paesi dell'euro) in questi anni.

martedì 16 aprile 2013

"Le riforme strutturali"


Chi si è preso la briga di leggere un giornale negli ultimi giorni si è potuto rendere conto che il termine "riforme strutturali" è apparso come un mantra ogni 2/3 concetti. Confindustria si riunisce e, oltre ai giusti avvertimenti sullo stato morente delle imprese italiane, auspica a gran voce che l'Italia si munisca quanto prima di un governo e poi inizi (o prosegua) le "riforme strutturali". Il Presidente della BCE Draghi, ammonendo le condizioni bancarie degli stati-canaglia, auspica le "riforme strutturali". Bene, mi son detto, cosa si cela sotto le "riforme strutturali"?.

Per rispondere a questa domanda è necessario un brevissimo excursus sulla situazione italiana attuale. A fronte di un economia che recede ci troviamo con la stretta creditizia (le banche non erogano prestiti per il legittimo timore che questi non possano essere onorati), una tassazione che ha raggiunto livelli molto alti (si stima al 52%), un mercato del lavoro fermo (aziende che chiudono, aziende che NON aprono, posti di lavoro persi) e senza un governo (ma questo potrebbe anche non essere dannoso).

L'Italia versa in una condizione più grave di quello che sembra e l'immagine che i media ci forniscono è evidentemente edulcorata per ragioni politiche e lobbistiche; la situazione è in rapido peggioramento e una via d'uscita non si vede, e allora quali sono le "riforme strutturali" che ci vorrebbero imporre?
In parte erano contenute nella famosa lettera dell'estate 2011 che imponeva di rientrare entro determinati parametri e sopratutto consigliava un cambio di rotta delle politiche interne che il governo Berlusconi non aveva intrapreso. Così la BCE commissionò il nostro paese e il Presidente della Repubblica accettò questo piccolo "colpo di stato" dando l'Italia in mano a Monti (comunque, non scordiamocelo, con il voto dei conniventi ovvero dei partiti, destra e sinistra). Monti riuscì nell'impresa di raffreddare gli attacchi speculativi nei confronti dell'Italia e l'immagine del nostro paese ritornò ad essere splendente, una credibilità finalmente riconquistata.

Ma le cose non stanno proprio così.

Monti e le riforme strutturali, dunque; ad esempio la riforma del lavoro.
In Germania, dove si vantano di avere un mercato del lavoro efficiente e moderno, esistono contratti detti "mini-job" pagati 3-4 euro all'ora, de-tassati quasi totalmente, è vero, ma privi di alcuni requisiti basilari per i quali i nostri sindacati si sono adoperati negli anni d'oro (non certo adesso) come ad esempio la retribuzione di ferie e malattie. In Germania contratti di questo tipo sono stati osteggiati dai sindacati e avversi ai lavoratori ma tant'è, se ne sono fatti una ragione e oggi più di 7 milioni di lavoratori subiscono questo contratto di lavoro. 

E' questo che vorrebbero introdurre da noi?

Probabilmente si, la leva del costo del lavoro è una di quelle opzioni che in economia esiste e viene utilizzata quando altri strumenti (ad esempio la svalutazione monetaria) non possono essere utilizzati (o per ragioni inflazionistiche o perché la moneta non è sovrana come nel nostro caso). Di conseguenza si vorrebbe introdurre anche in Italia la possibilità di contrattare un lavoro a 400€ mensili senza assistenza e senza prospettiva al fine di abbassarne il costo. Le aziende hanno già iniziato un processo di "ricambio generazionale" che consiste nel licenziare in maniera più o meno ortodossa dipendenti con anzianità per sostituirli con nuovi assunti a salari decisamente più bassi; è questo quello che vogliamo? La cessione di democrazia iniziata con la moneta e proseguita negli ultimi anni con politiche di austerità esasperata continua nell'ottica di rimanere agganciati ad un'Europa al collasso dal punto di vista economico e a breve anche produttivo; vogliamo davvero continuare a girare su questa giostra?

Le riforme strutturali passano anche per altri settori, alcuni giusti come la revisione dei costi della politica, della burocrazia e della corruzione, ma anche attraverso tagli alla spesa sociale, alle strutture sanitarie, alle forze dell'ordine, alle scuole ovvero a tutti quei pilastri che sono il sostegno di uno stato funzionale dove il cittadino è assistito dallo Stato, dove il contributo in termini di tasse e balzelli serve per migliorare la vita dei cittadini, dove un'istruzione di alto livello forma persone di alto livello.

Invece i nostri tributi, più di metà di quello che percepiamo per il nostro lavoro, finisce a colmare un deficit di bilancio dello stato che deve essere riempito altrimenti non possiamo più continuare a stare dentro l'euro e ci cacciano fuori. 

Bello vero?

Andrea Visconti

mercoledì 10 aprile 2013

Eurobond? Dove sono i nostri politici?

La Slovenia è in sofferenza. Il primo ministro Bratusek a Bruxelles dichiara che il suo paese non è intenzionato a chiedere aiuti, ma a giugno dovrà restituire la prima tranche da 1 miliardo di euro dei 3 che il piccolo paese di confine dovrebbe ridare entro fine anno. Anche ad un osservatore poco attento apparirà subito chiaro che, di fronte ad una asta sui propri titoli di stato che ha raggranellato poco più del 50% rispetto ai 100 milioni previsti, la Slovenia diventerà facilmente insolvente e un caso Cipro 2 (o se volete Grecia 3) è dietro l'angolo, come l'estate.

Intanto il finanziere Soros scrive un editoriale dove avverte la Germania che l'unica soluzione per uscire da questo euro-stallo è l'adozione di eurobond, ai quali la Merkel non ha mai rivolto nemmeno un pensiero. Soros sottolinea poi il fatto che dovrebbe essere la Germania, eventualmente, ad abbandonare l'euro e non l'Italia, il cui debito è così grosso che una sua ristrutturazione potrebbe essere molto difficile per non dire impossibile; Sul primo punto siamo d'accordo ma sul secondo meno.

E' chiaro che negli altri paesi e non nel nostro, salvo rare eccezioni, il tema del futuro della moneta unica è ormai entrato nei quotidiani, negli editoriali, nei dibattiti televisivi. Molti esperti e non esperti si sbilanciano in previsioni, valutazioni e proposte per affrontare nel miglior modo possibile (o nel "meno peggio" modo possibile) quello che sarà l'inevitabile.

In Italia, per contro, nessuno e dico nessuno di coloro che hanno il potere di farlo ne discutono. I nostri politici sono avvitati in una situazione che non vede sbocchi mentre il paese muore. Non sono d'accordo con chi afferma che serve un governo per porre rimedio alla crisi che ci sta devastando perchè il governo che servirebbe dovrebbe essere composto e guidato da personalità in grado di affrontare il problema della moneta unica, andare a Bruxelles e sbattere i pugni sul tavolo per ridiscutere i parametri dei trattati che ci stanno facendo retrocedere dal punti di vista economico e, di riflesso, sociale.

Ma chi c'è, ad oggi, nel panorama politico italiano con la volontà ma anche solo con l'IDEA di discutere i temi europei?

Andrea Visconti

martedì 9 aprile 2013

Il Portogallo in un angolo


Ci sono alcune frasi che estrapolate da una articolo o da un discorso sono davvero inquietanti. Per chi segue l'economia da professionista o da semplice appassionato (io appartengo alla seconda categoria) leggere questa frase mette i brividi: "Servono misure di rigore, subito". Sono parole pronunciate dal famigerato ministro tedesco delle finanze Wolfgang Schäuble in merito alla situazione in Portogallo dove il governo si trova di fronte alla necessità di far cassa per restare entro i maledetti parametri europei.

Evidentemente il prestito da 78 miliardi di euro che nel 2011 salvò il paese dal default non è bastato ed oggi il paese che si trova gomito a gomito sia geograficamente che economicamente con la Spagna rischia seriamente di dover incrementare ulteriormente la propria esposizione con la BCE. Il piano finanziaro del primo ministro Coehlo è stato respinto in alcuni punti dai giudici dell'Alta corte portoghese che hanno respinto quattro misure della manovra finanziaria che altrimenti sarebbe andata a colpire settori nevralgici dello Stato come la riduzione delle pensioni, i tagli ai sussidi di disoccupazione e il taglio delle 14esime per i dipendenti pubblici.

Nel fine settimana il Portogallo cercherà di rinegoziare fino a dove è possibile farlo i tempi di restituzione del prestito di due anni fa; pare chiaro anche a chi di economia non ci capisce molto che il paese è stretto in una morsa diabolica che lo porta, per "restare in piedi", a indebitarsi in continuazione. Le parole che la Commissione europea ha detto ieri sono inquietanti, sono messaggi quasi "mafiosi", quasi minacce: "Il governo di Lisbona saprà individuare rapidamente le misure necessarie per rivedere il bilancio 2013 e rispettare gli obiettivi".

Questa non è cooperazione, che dovrebbe esistere in base ai trattati europei rettificati, è semplicemente un controllo sovranazionale, un meccanismo che sempre di più mostra anche agli occhi più scettici il percorso intrapreso, la cessione di sovranità nazionale che passa da monetaria a politica (e l'Italia lo sa bene).

Il passo compiuto dalla Corte costituzionale portoghese può essere comunque letto come un piccolo messaggio di speranza, una piccola dimostrazione di cos'è ancora la democrazia, valore sempre più a rischio in questa tragica Europa che ci è stata imposta.

Andrea Visconti

lunedì 8 aprile 2013

Il monito inglese


Il primo ministro inglese David Cameron ha rilasciato ad una serie di quotidiani (in Italia al Sole24 ore) un'interessantissima intervista dove, fra le righe traspare un principio di sentimento anti-europeo che il premier, giustamente, minimizza ma che è presente.

Parla ad esempio di una revisione dei trattati (come quello di Lisbona), della necessità di avere gli elementi tipici della moneta comune (teoria delle aree valutarie ottimali) se questa si adotta, dice che nel Regno Unito hanno la stessa moneta e gli strumenti necessari per "raddrizzare" gli squilibri (ma pensa..) e conclude con "l'Europa ha più successo se si reggerà sulla forza della flessibilità invece che sulla debolezza dell'inflessibilità".

E' evidente come Cameron stia avvertendo l'europa di fronte ad una situazione che a chi non ha l'euro come moneta appare evidente, ovvero la crisi del sistema-moneta-unica e l'impossibilità in futuro di sostenere una crisi (principalmente di debito privato e bancario) che miete vittime ad ogni semestre, dalla Grecia a Cipro fino alla Slovenia (e alla Francia). Le conclusioni di queste affermazioni dovrebbero essere tenute in considerazione sia dalla BCE che dagli altri primi ministri della zona euro (avviso alla Polonia), questa austerità non porterà che ad un continuo prolungarsi della debolezza dei paesi meno forti, come noi Italia o la Spagna o quelli che nel baratro ci sono già finiti.
Il Regno Unito non versa in condizioni ottimali ma nemmeno lontanamente vicine ad un miglioramento come ci si aspetta per noi:


La domanda è: perché in Italia il dibattito su questo tema non può essere aperto se non in contesti quasi "carbonari"?

Andrea Visconti

domenica 7 aprile 2013

Germania, Polonia e Krugman

Ieri sul Corriere trovo un articolo che racconta di come la Corte costituzionale tedesca voglia mettersi di traverso a Mario Draghi in merito al famoso "whatever it takes" dello scorso luglio. In sostanza i tedeschi vogliono porre il veto sulle Omt (Outright Monetary Transaction) ovvero la possibilità da parte della BCE di acquistare illimitatamente titoli dei paesi in difficoltà. Risulta evidente, pertanto, l'ennesimo tentativo dei tedeschi di bloccare le pur minime misure della Banca centrale di aiutare (leggi: indebitare) i paesi in difficoltà che sono sostanzialmente quelli del sud d'Europa.

E così mentre il Giappone lancia una nuova offensiva all'inflazione deliberando una massiccia svalutazione delle yen (http://www.forexinfo.it/Giappone-BoJ-annuncia-aumento-QE) da noi in Europa quello che servirebbe per cercare di rianimare un paziente praticamente morto, l'euro, subisce ogni sorta di ostruzione da parte della Germania, alla quale come sappiamo mancano ancora due anni, fino al 2015, per completare la sua opera.

Nel mentre, sul Sole24 ore, Paul Krugman si domanda cosa passi nella testa dei politici polacchi che vogliono entrare nell'euro, con un'analisi che è quasi un disperato appello o un'amichevole avvertimento. Intanto pare che in Germania il numero degli anti-euro sia cresciuto a quasi il 70% della popolazione intervistata.

Andrea Visconti

giovedì 4 aprile 2013

Discussioni in famiglia...

Mi è capitato nei giorni scorsi di discutere con alcuni parenti della situazione economica, in una simpatica chiacchierata metà da bar e metà seria.
Io ho portato avanti, naturalmente, la mia tesi, ovvero una Germania egemone, una moneta che blocca la crescita (impossibilità di svalutazione o comunque di un controllo sulle politiche dei singoli stati), l'austerity imposta che taglia le gambe a tutti i paesi in sofferenza, la questione Cipro, etc.

Naturalmente la più grande obiezione che mi sono sentito rispondere è stata : "si ma allora se si torna alla lira la svalutazione? quanto ci costerebbero le materie prime? ".

Vorrei condividere con voi alcune informazioni utili per chi, come è successo a me, possa trovarsi un giorno a diffondere il messaggio e debba rispondere con validi argomenti.
Il tema quindi è il seguente, cosa succederebbe se tornassimo alla moneta sovrana in riferimento alla necessaria svalutazione e andassimo a comprare beni (materie prime) all'estero?

Prendiamo ad esempio il caso del 1992, quando la lira fu pesantemente svalutata. Un svalutazione monetaria (come quella che andremmo a subire in caso di uscita dall'euro) porta ad un aumento dei prezzi delle materie prime per noi che le compreremmo e di conseguenza un aumento dei prezzi (le materie per fare prodotti costano di più e questa differenza viene poi caricata sul prezzo finale, giusto?) e l'inflazione aumenterebbe.
Bene.
Posto che un economista serio ti direbbe che non ci sono spiegazioni scientifiche del collegamento fra svalutazione e inflazione (che infatti NON ESISTE), l'Italia del 1992-1993 e mettiamoci anche il 1994 avrebbe dovuto subire un incremento di inflazione mostruoso.
Bene.
Non è andata così. Anzi.

Ecco il grafico annuo dell'inflazione in Italia nel 1992:


Ma come? E' scesa dal quasi 6% al quasi 4,8%? Com'è possibile?
Ma sicuramente l'anno dopo sarà cresciuta, questa benedetta inflazione...

Vediamo allora l'inflazione in Italia nel 1993:


Ma come? A fine '93 era sotto il 4,4%?? Com'è possibile? Si vede dal grafico che, ad eccezione di un rimbalzo a circa metà anno (che comunque non ha mai superato il 5%), l'inflazione è SCESA e a fine anno si assestava sul 4,3% - 4,4%. 
Bene, ma sicuramente nel 1994 ha ripreso a galoppare.. NO:


Incredibile vero?
No, non lo è. non c'è alcuna correlazione fra svalutazione e inflazione, un cambio valuta con conseguente sgancio dal cambio fisso (situazione attuale con l'euro adesso e con l'ecu nel 1992) non porta ad un automatico incremento dell'inflazione.

Finiamo in gloria. A quel parente (perché sicuramente anche voi ne avete uno terrorizzato all'idea di pagare 300 volte in più un litro di benzina) potrete rispondere con questo dato (copiate e incollate i dati seguenti su un biglietto che potete comodamente tenere nel vostro portafoglio ed esibire alla bisogna):
il costo finale di un litro di carburante si compone di tre fattori:
  1. costo della materia prima
  2. accise
  3. IVA (quindi una tassa su una tassa ACCISE + IVA sulle accise, pazzesco)
il costo della materia prima incide nella misura del 35%, il resto sono imposte. Per curiosità vi elenco cosa compone la voce "accise":

1,90 lire (oggi corrispettivo in euro) per il finanziamento della guerra di Abissinia del 1935.
14 lire per il finanziamento della crisi di Suez del 1956.
10 lire per il finanziamento del disastro del Vajont del 1963.
10 lire per il finanziamento dell’alluvione di Firenze del 1966.
10 lire per il finanziamento del terremoto del Belice del 1968.
99 lire per il finanziamento del terremoto del Friuli del 1976.
75 lire per il finanziamento del terremoto dell’Irpinia del 1980.
205 lire per il finanziamento della guerra del Libano del 1983.
22 lire per il finanziamento della missione UNMIBH in Bosnia Erzegovina del 1996.
0,020 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004.
0,0089 euro per il finanziamento della ricostruzione in Liguria e Toscana dopo le alluvioni.

(l'ultima voce è l'unica che potremmo accettare..)

Anche un neofita può facilmente capire che nel momento in cui svaluteremo (poniamo 25%) la nostra moneta, quindi quando torneremo alla valuta sovrana, il costo della materia prima aumenterà del 25%.

Un litro di benzina oggi costa in media 1,850€ al litro, il diesel 1,750€ al litro; se scomponiamo il prezzo troviamo che le materie prime incidono per il 35% quindi un litro di benzina al netto delle imposte costa circa 0,647€ al litro e il diesel 0,612€ al litro, dopo la svalutazione un litro di benzina costerebbe 0,809€ eil diesel 0,765€ al litro. 
Vi sembra una differenza mostruosa?
Non vi sembra che lo Stato avrebbe, anche in caso di aumento incontrollato della materia prima, ampissimo spazio di manovra sulle imposte? (p.s. a luglio aumenterà al 23% l'IVA... remember)

E anche il parente è sistemato.

Andrea Visconti


martedì 2 aprile 2013

Il piano per salvare Cipro, alcuni dettagli

Buonasera, vi ho pubblicato ieri il link al documento ufficiale che indica i punti che Cipro dovrà seguire per ottenere soldi dalla BCE (in buona sostanza, di questo si tratta). Mi permetto di indicare di seguito alcuni punti che porteranno Cipro fuori dall'euro e forse, speriamo, a ruota tutti gli altri paesi (sempre che la padrona, ovvero la Germania, non decida di farlo prima degli altri, a tal proposito: http://www.telegraph.co.uk/finance/comment/ambroseevans_pritchard/9920666/Germanys-anti-euro-party-is-a-nasty-shock-for-Angela-Merkel.html).

  • Congelare le pensioni del settore pubblico
  • Aumentare l'età pensionabile legale di 2 anni per le varie categorie di dipendenti
  • Aumentare le accise su energia, vale a dire, per i prodotti petroliferi, aumentando aliquota fiscale sui carburanti (benzina e gasolio) da EUR 0,07 
  • Aumentare l'aliquota IVA standard dal 17% al 18%
  • Introdurre una tassa del 20% sui guadagni distribuiti ai vincitori di scommesse dalla Lotteria Nazionale per le vincite di 5.000 euro o più 
  • Aumentare le tasse per i servizi pubblici di almeno il 17% dei valori correnti 
  • Introdurre un contributo permanente del 3% sulla retribuzione pensionabile per le vedove e gli orfani di fondi da parte di funzionari dello Stato che hanno diritto alla pensione e della gratuità. 
  • Introdurre un contributo del 6,8% sulla retribuzione pensionabile da parte di funzionari, che hanno diritto alla pensione e della gratuità, ma non sono coperti dal regime pensionistico del governo o di qualsiasi altro piano simile
  • Implementare un piano quadriennale come predisposto dalla Pubblica Amministrazione e la Direzione del Personale finalizzato alla soppressione di almeno 1.880 posti permanenti nel periodo 2013-2016
  • Intraprendere una riforma del sistema fiscale per i veicoli a motore, sulla base di principi ecologici, al fine di aumentare le entrate supplementari, mediante la tassa annuale di circolazione, la quota di iscrizione e delle accise, compresi i dazi di carburanti.

lunedì 1 aprile 2013

Il piano per "SALVARE" Cipro

Pubblico il link al documento intitolato : "Memorandum of Understanding on Specific Economic Policy Conditionality". Ovvero quello che i ciprioti dovranno passare nei prossimi mesi. A breve editerò questo post traducendo in italiano le parti più importanti:

http://mignatiou.com/wp-content/uploads/2013/04/EU_DraftMemorandumforCyprus-01APRIL20131.pdf

Altre motivazioni che sembrano fondate

Buongiorno e buona pasquetta. Continuo a cercare informazioni e qualche economista serio e credibile che mi spieghi quali sono i vantaggi del proseguire la nostra (dis)avventura nell'euro e ancora non ho trovato nulla.
Ho trovato però un articolo molto ben scritto a mio avviso che ripropone alcuni punti molto interessanti che servono ad avvalolare la nostra tesi, uscire dall'euro prima che sia troppo tardi.

Ecco il link: Fact Checking alle argomentazioni PRO-EURO: smontate una per una

P.S. nei prossimi giorni inizieremo il nostro viaggio propedeutico per conoscere le basi dell'economia. Più sappiamo e meno ci freghereanno!

Andrea Visconti