giovedì 16 maggio 2013

L'americanizzazione

Il pareggio di bilancio che abbiamo introdotto in Costituzione e di cui abbiamo parlato nel post precedente implica una serie di aggiustamenti, orientati principalmente alla spesa pubblica.
Il rapporto deficit/pil obbligato (3% al massimo) strozza ogni possibile politica d’investimenti e di espansione.
Ma c’è dell’altro. 
A fronte di una produzione in costante calo (-5,2% a marzo su base annua) e una disoccupazione in aumento lo Stato, per far fronte ai sostegni e ai sussidi sociali, deve spendere soldi che non potrebbe corrispondere, pena un possibile riavvio della procedura d’infrazione numero due, dopo che la prima sarà chiusa a fine maggio. 

Uno Stato privo di leve economiche costretto a rispettare accordi troppo assoggettanti e tagliati a misura di altre economie (e altre monete) perde la sua possibilità di consolidare l’economia sua e dei suoi cittadini, esponendosi al vincolo dei mercati e al debito estero. La politica di austerità impone sacrifici alle classi medie, ovviamente, alle quali è richiesto più di quello che dovrebbero immettere in termini d’imposte, strozzando la domanda e portando con sé una scia di fallimenti e di occupazione persa; il Governo, sottoposto al vincolo esterno e alla “compattezza fiscale”, reagisce garantendo il contenimento della propria spesa per continuare a essere parte di un progetto fallimentare (l’euro, inteso come moneta unica) destinato allo sgretolamento.

L’indirizzo che questo tipo di politica ha preso è chiaro ed è orientato a un percorso di “americanizzazione” dello Stato sociale, togliendo progressivamente risorse agli istituti fondamentali della nostra società (sanità, istruzione, cultura); la sottrazione del gettito fiscale, conseguenza della riduzione dell’occupazione e relativa tassazione, deve essere bilanciata con l’accetta imposta ai servizi che sono stati la base della riformazione del nostro paese nel dopoguerra.
Lo Stato ha sempre corrisposto (e tuttora continua a farlo) per questi servizi, la sanità ad esempio presenta un grafico in crescita, seppur modesta, anno dopo anno:


L’orientamento sarà sempre di più quello della privatizzazione di queste prestazioni fondamentali, spingendo la classe media a sofferenze sempre più marcate mentre la politica tenterà di dimostrare la propria forza sulla pelle dei più deboli, sbandierando una supposta efficienza e riduzione dei costi; il contributo alle scuole private, presente in molteplici manovre finanziare degli anni passati, è un altro segnale di questa rotta.

La direzione imposta dall’Europa e dall’euro ha trovato e continua a trovare terreno fertile presso la nostra classe dirigente, soprattutto in quella parte (la cosiddetta “sinistra”) che dovrebbe avere a cuore il destino dei deboli e invece continua a proclamare il progetto europeo come suo vanto senza lasciar spazio alcuno al dibattito, come viceversa accade in molti altri paesi della zona euro (come ad esempio in Germania dove, a sentir loro, sono tutti soddisfatti della condizione in cui si trovano).

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